L'argomento è interessante. L'interesse deriva anche dalla sua complessità intrinseca che, per un hobbista, è purtroppo vista spesso solo come un problema e non come uno stimolo per imparare. Personalmente non ho mai costruito una puntatrice, ma ho una certa esperienza con apparecchi simili utilizzati per vaporizzare metalli in tempi brevissimi per mezzo di scariche ad alta intensità. La saldatura è più complessa perché richiede di avere conoscenza anche di come si comportano i metalli a contatto una volta riscaldati. Alcuni punti possiamo però evidenziarli, con magari qualcun altro che aggiunga conoscenza alla discussione.
In una saldatura a punto, ciò che si vuole ottenere è la fusione delle due parti a contatto e il successivo raffreddamento del materiale fuso e amalgamato dalla pressione meccanica apportata dall'esterno. Ciò che
non si vuole ottenere è la fusione della parte esterna dei pezzi a contatto con gli elettrodi, e/o la fusione o la saldatura degli elettrodi al pezzo.
La fusione del metallo si ha per innalzamento della temperatura per effetto Joule dovuto al passaggio della corrente in un mezzo resistivo. La potenza trasferita è la causa di questo innalzamento. Più alta è la potenza e maggiore è l'innalzamento termico. Se la potenza è sufficientemente alta, si raggiunge la fusione del metallo in tempi brevissimi e non serve quindi una grande potenza media, ma una disponibilità di grande energia in un tempo molto breve (P=E/t). Per questo motivo i sistemi a scarica sono preferibili rispetto a quelli a trasformatore di potenza.
Ottenere la fusione nel punto di contatto tra gli elementi da saldare e non tra questi e gli elettrodi è una delle sfide e si ottiene realizzando gli elettrodi in rame. Il rame assicura bassa resistenza (e quindi basso riscaldamento) e anche grande dissipazione termica dovuta all'assorbimento da parte degli elettrodi stessi (industrialmente gli elettrodi sono raffreddati da circolazione di liquido all'interno). Se il tempo di saldatura è breve, l'unico punto che arriva a fusione è quello più interno compreso tra gli elettrodi, che è proprio la condizione ricercata.
Se si vuole sperimentare questa tecnica, il mio consiglio è:
- Scarica capacitiva con molti condensatori (relativamente) piccoli in parallelo, e controllo con MOSFET di potenza. Con questa tecnica è sufficiente un alimentatore economico di potenza ridicola e si eliminano tutte le problematiche di cui abbiamo discusso sopra.
- Se l'alimentatore è regolabile, non serve neppure un circuito elettronico di controllo perché la regolazione è data dalla tensione di carica dei condensatori.
- Elettrodi massicci anche per saldature piccole. Il punto di contatto si può fare piccolo a piacere sagomando opportunamente l'elettrodo nella sua parte finale, ma la massa termica dell'elettrodo deve restare comunque consistente.
- Cavi corti e composti da molti refoli in parallelo (isolati tra loro) per ridurre l'induttanza parassita ed aumentare la velocità di scarica.
- Compressione con molle a corsa sufficientemente lunga da garantire costanza di pressione anche dopo il collasso del materiale fuso.
Per ora non mi viene in mente altro.