Messaggio
da gionp » giovedì 21 maggio 2020, 17:02
mettere delle farfalle fatte con un polimero, caricatelo con qualsiasi cosa tanto non cambia nulla, che devono tener chiusi i lembi di una frattura in un pezzo che lavora strutturalmente non la senso.
Visto che la cucitura deve trasmettere delle trazioni proponi una forma a clessidra( farfalla) per bypassare il problema dell'adesione al metallo, fin qui potrebbe andare bene, è lo stesso sistema che si usa per suturare le spaccature da ritiro nel legno.
Il problema è il materiale, per evitare problemi di rammollimento a temperature relativamente basse devi utilizzare una resina termoindurente, le più utilizzate a livello strutturale sono le resine epossidiche, falla indurire freddo o a caldo, poco importa ti trovi una matrice polimerica con un modulo elastico tra 2.5 e 3 GPa (trazione) , vai a confrontarti con una ghisa con modulo elastico tra i 170 e i 190 Gpa.
Poi per trasmettere gli sforzi alla resina fai le famose farfalle, buttiamo dei numeri a sentimento ma credibili preso 1 la larghezza nel punto più stretto della farfalla la faremo larga 3 alla base e le metteremo ad interasse 4 , e ipotizzamo di interessare l'intero spessore del pezzo, la tensione media trasferita alla base delle farfalle sarà 1/4 di quella nel punto più stretto.
Sollecita il pezzo e a pari deformazione la ghisa avrà una tensione circa 190/3= 63.33 volte superiore a quella della resina.
Come materiale della fusione prendiamo una schifosissima ghisa sferoidale G400, a trazione ha una resistenza media di 400 Mpa
La resistenza a trazione di un'epossidica si aggira attorno ai 19-20 Mpa , mettiamoci gli opportuni coefficienti di sicurezza facciamola lavorare a 10.
A pari deformazione la ghisa dovrebbe lavorare a 10x63= 630Mpa, peccato che a 400 ci lascia le penne.
Se facciamo lavorare la ghisa a 200 la resina avrà una tensione pari a 200/63= 3.17 Mpa, che equivale tra i lembi metallici ad un trasferimento di una tensione pari a 3.17/4 = 0.79 Mpa, arrotondiamo a 0.80
quindi con la ghisa sana che lavora a 200 nella zona della frattura trasmettiamo circa 0.80 Mpa 200/0.80= 250 volte di meno, con numeri del genere non possiamo pensare di aver ripristinato a livello meccanico il pezzo.
A questo poi bisognerebbe aggiungere tutti i problemi di decadimento delle caratteristiche meccaniche all'aumentare della temperatura, a 80 100° quasi tutte le termoplastiche sono rammollite, e se non le polimerizzo a caldo quasi tutte le termoindurenti hanno già cali prestazionali importanti, la sensibilità ad oli e solventi, le deformazioni per scorrimento viscoso ….
Se pensiamo di usare una termoindurente fortemente caricata con polveri metalliche al posto di un rasamento in carta spagna o carta di giornale oleata, ovvero in zona compressa, con tensioni medie molto basse, e spessori minimi, forse non avremo grossi problemi, ma non pensiamo di suturare una cricca con un pezzo di plastica che lavora a trazione.
Metteteci pure delle fibre di carbonio orientate, fibre di vetro, aramite …. ma se va bene ci si avvicina al modulo elastico di un buon abete attorno 10 Gpa, la sostanza non cambia, stiamo riparando la testata del motore con gli elastici della fionda.
Se vogliamo fare qualcosa di sensato dobbiamo lavorare con materiali che abbiano moduli elastici simili, come fanno ad esempio con le cuciture metalliche, al limite si dovrebbero utilizzare inserti con caratteristiche di rigidezza (modulo elastico) e resistenza superiore al materiale del pezzo da riparare, una tavola di legno con farfalle in alluminio o acciaio, probabilmente è brutto da vedere, ma strutturalmente funziona, una fusione in ghisa con farfalle in ebano, forse è affascinante da vedere, ma non funziona.