Mi intrometto per dare la mia versione, da Ing
Nella mia università l'ultima volta che ho controllato la situazione occupazionale dei neolaureati magistrali era rosea. Parliamo di un 5-10% di disoccupazione dopo 3 mesi dalla laurea. Peggio, decisamente, invece per i triennali, ma d'altra parte è ovvio, le competenze pratiche acquisite sono poco distanti da quelle di un perito e quelle teoriche sono decisamente acerbe.
Per conto mio considera che non conosco un singolo mio compagno di facoltà laureato che non si sia già inserito nel mondo del lavoro. Di quattro che mi vengono in mente uno è finito alla BMW in Germania, uno è assunto qua vicino, e due altri lo sono proprio in questa città in una grossa industria internazionale.
Io forse sono quello messo "peggio" nel senso che mi sono infilato in una scuola di dottorato, ma anche così ho potuto appurare che le occasioni non mancano di certo e se uno ha voglia di fare i progetti (cococo o collaborazioni pagate) si trovano anche durante il dottorato (visto sempre da tutti ad ing. come il Diavolo) così da rimpinguare un po' le casse.
Il problema forse è che molti tendono a considerare l'ingegnere come una sorta di Perito 2.0, e questo è un grosso abbaglio. L'ingegnere è prima di tutto uno scienziato; si puo' poi dire che come scienziato è quello che tende a stare con un piede ben piantato nell'ambiente della ricerca pura (fisica, matematica, ma anche medicina, biologia etc) e un pied
ino nel mondo della pratica immediata (l'industria). In poche parole è colui che traduce ciò che di esiste di teorico, inteso come nuove tecniche e nuove teorie, in un "linguaggio" comprensibile al mondo industriale.
Non si deve quindi pensare che sia un semplice tecnico "un po' più competente", è proprio una figura diversa. Infatti il grosso del lavoro lo deve fare nel mondo "teorico", non in quello pratico; questo perchè capire come funziona qualcosa (teoria o tecnica innovativa) e sopratutto riuscire a ridurlo ai fondamentali per applicarlo è qualcosa di enormemente più complesso del "semplice" scoprire quali sono le esigenze pratiche di un industria. Per cui 80% matematica e fisica, 20% pratica ingegneristica.
Il motivo per cui esiste questa grossa incomprensione è che semplicemente ci sono troppi ingegneri ed il mercato è saturo. Non è una cosa strettamente italiana nemmeno, ho visto la stessa situazione (anche se meglio gestita) in Francia: migliaia di ing. laureati ogni anno per una richiesta che in realtà potrebbe benissimo essere di decine. Questo esiste in moltissime facoltà , specie umanistiche, ma mentre là tende a essere evidente perchè un laureato in lettere se non trova lavoro come laureato in lettere fondamentalmente va a fare purtroppo qualcosa di totalmente differente, ad ingegneria se l'azienda non necessita PROPRIO di un ing. scienziato lo assume come perito e via, l'ingegnere mica se ne accorge. Ti danno il contentino in busta paga e via, nel giro di 1 mese dimentichi tutte le nozioni della laurea.
Per cui secondo me, alla fine servirebbe pensare di più a cosa si vuole fare nella propria vita, ben considerando che il mestiere dell'ingegnere non è quello che si vorrebbe far credere, ma un lavoro molto vicino a quello di uno scienziato puro. Se la ricerca non ti interessa e vuoi
solo sporcarti le mani non fare ingegneria considerandolo come un mestiere tecnico, fai il corso di saldatore.
Lo so che è un po' al limite come consiglio, ma occorre che si inizi a vedere queste cose per quello che sono: molto diverse.
Io ho sempre avuto la passione per le cose pratiche, da quando ho memoria ho sempre smontato e rimontato apparecchi, ho sempre voluto costruire cose, anche le più banali. Però ho anche sempre avuto il tarlo dell'innovazione e della ricerca. Ho sempre saputo che sarei finito a fare qualcosa di legato al mondo della scienza e non a quello della tecnica; ciò non toglie che, se vuoi per hobby, ho sempre passato il mio tempo con le mani sporche. Il risultato è che naturalmente le due cose unite mi hanno dato un qualcosa in più sugli altri che si sono sempre concentrati solo sull'aspetto teorico. Ma la conoscenza tecnica
in sè è qualcosa su cui
non voglio contare se dovessi essere assunto. Quello che voglio sia riconosciuto è la conoscenza teorica
unita a un'idea di conoscenza pratica (sempre nella proporzione 80-20%).
Ho scritto abbastanza di getto e in maniera volutamente un po' netta, nella realtà è chiaro che esistono molte sfumature, come in tutte le cose.
